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L’inaugurazione della mostra Cerido Expo novembre 2011 ha avuto luogo, con meritato successo, domenica scorsa. Seppure gli artisti (Bianchet, Cadamuro, Milic, Olivares) siano conosciuti, attivi ed affermati in campo nazionale ed internazionale, tuttavia l’esposizione ha consentito ugualmente di scoprire nuovi aspetti della loro produzione o di approfondirne altri già noti. Il pordenonese Giorgio Banchet connota il suo lavoro all’insegna di una rigorosa laconicità di linguaggio, fatta di pochi , ma essenziali segni (non raramente sfumati o appena accennati) in un ambiente bianco o screziato di bianco, sprazzi di emozioni vissute, pudore del dire. Una poetica del silenzio, un’antiretorica che non urla, suggestioni di un’umiltà e di una umanità che si rifugia nella coscienza e nel pensiero, senza alcuna concessione ai facili effetti di un astrattismo modaiolo. Il suo modo di essere e di apparire, anche come persona, suscita la viva impressione di una passione vissuta e macerata interiormente, come esili tracce di un fuoco che tutto ha consumato. Altro discorso invece per il veneziano Alessandro Cadamuro. A prima vista le opere esposte sembrano ammiccare ai giochi oggettuali di una pur pregevole fantasia; niente di più ingannevole. Infatti i parabrezza in mostra rivendicano un percorso intellettuale ed artistico molto più profondo. Al di là dell’evidente legame con il vetro, una costante della sua opera, tuttavia l’utilizzazione di un materiale d’uso come quello del parabrezza, già denota uno stacco cosciente dalla storicità che il vetro rappresenta nell’arte, riportandolo ad una sua quotidiana moderna fisicità, seppure decontestualizzata, divenendo così “quadro”. Allo stesso tempo l’oggetto viene anche defunzionalizzato, pur mantenendo, alcuni caratteri simbolici (difesa, visione, prospettiva, campo, inclusione, esclusione). Questi caratteri vengono poi esaltati da altri materiali aggregati al parabrezza , chiarendo senza equivoci l’intenzionalità e la consapevolezza dell’Autore. Interessante il supporto dei lavori, due “pali”, che sembrano riecheggiare quelli della laguna veneta, anch’essi estraniati, perchè l’opera assume un respiro tutt’altro che localistico, anzi guarda con occhi smagati il mondo che stà di fronte e fuori, ma del quale, ci piaccia o meno, facciano parte. Di tutt’altra natura sono i lavori dell’artista croato Zdravko Milic che presenta una serie di quadri e pannelli di forme, materiali e dimensioni diverse, elementi non secondari rispetto alle opere stesse, che in alcuni casi guardano l’umanità con ironia ed in altri ne sottolineano la serialità e la meccanicità dei punti di vista. Un doppio filone di pensiero che pare sottolineare la complessità del mondo, ma anche quella dell’artista che lo vive e lo interpreta. Presenza significativa nella mostra anche quella del napoletano Manuel Olivares. Non c’à proprio il pericolo di confonderlo con gli altri artisti, possedendo egli una cifra stilistica del tutto personale. I lavori di Olivares esposti (soprattutto a Gorizia e selettivamente a Fiumicello) sono costituiti da emblematici dittici, coppie di lavori che impongono attenzione per coglierne le connessioni e le relazioni di varia natura: oggettuale, grafica, cromatica, semantica, strutturale. In questa caso la serialità assume una funzione unificante al di sotto della diversità dei singoli dittici, che nell’insieme si presentano come un articolato pannello narrativo di frammenti delle forme quotidiane, liberate dalla strumentalità originaria per diventare astratta scenografica rappresentazione.
Ricordiamo infine che le opere dei quattro artisti sono esposte al Cerido di Fiumicello (Borgo S. Antonio 48) tutti i week-end di novembre (sabato-domenica) dalle ore 17 alle 20. Altre opere degli stessi artisti sono esposte nella sede dell’Associazione Seghizzi a Gorizia in via Buonarroti 28 nei giorni feriali con i seguenti orari: lun, mar, gio, ven dalle ore 10 alle 14; mer dalle ore 15 alle 18.00.