L’Ente Parco Naturale Regionale delle Prealpi Giulie, in collaborazione con il Distretto Venatorio 1 “Tarvisiano” - presieduto da Valerio Piuelli -, con la Riserva di caccia di Lusevera e col patrocinio del Comune di Lusevera, organizza questo venerdì sera, primo marzo 2013, alle ore 19, nel “Centro Lemgo” di Pradielis di Lusevera, l’incontro aperto al pubblico “La rogna sarcoptica nel camoscio: scenari possibili e riflessioni gestionali”. Interverrà Luca Rossi del Dipartimento di produzioni animali, epidemiologia ed ecologia dell’Università di Torino.
Cos’è la rogna sarcoptica e che problemi può dare alla popolazione dei camosci che vive nell’area protetta?
“La rogna - spiega il faunista Marco Favalli - è originata da un acaro che è invisibile e che ha un ciclo specifico di vita nell’organismo dello stambecco e del camoscio; scava delle gallerie sottocutanee nell’ospite e lì depone le uova. Il massimo della produzione si riscontra nel periodo a cavallo di novembre e dicembre, durante l’accoppiamento, quando è maggiore il contatto tra gli animali. Questo acaro è una vera macchina da guerra”.
Causa piccole ferire, dissecca la pelle, origina delle crepe e delle macchie sul pelo. Il decorso è poi quello dell’infezione e della debilitazione dell’organismo dell’animale che poi muore. La malattia colpisce in inverno ed è proprio verso la fine di febbraio che si notano il maggior numero di decessi. Rischio per stambecchi del parco
“La prima volta che colpisce una comunità porta a una mortalità dei soggetti che va dal 60% all’80% della popolazione. Poi la malattia resta endemica sul territorio; torna a ondate dopo circa 7-8 anni colpendo altri capi fino a che gli animali non sviluppano una certa resistenza. Nell’area del parco Prealpi si sono riscontrati due casi accertati sullo stambecco, due anni fa. Riteniamo che la rogna sarcoptica sia presente nell’area del Monte Canin, mentre non ci sono riscontri positivi nel settore sud-occidentale, a Musi. Questa malattia, tuttavia, si “muove” ogni anno di 7-8 km e c’è il reale rischio, quindi, che si diffonda, in futuro, in tutta popolazione di stambecchi e camosci del parco. Servono monitoraggi specifici, supportati da appositi finanziamenti per arginare questa piaga: teniamo conto, infatti, che su popolazioni inferiori a 250 soggetti c’è rischio, in caso di presenza dell’acaro, si estinzione della specie. Nel Parco, grazie a opere attente di reintroduzione e controllo, oggi vive una comunità di 70 stambecchi, un numero che rientra nella cifra a rischio. Meno problemi per i camosci, invece, che sono circa 200 a fronte di una iniziale introduzione di appena 20 soggetti”.
Cosa fare? “L’acaro responsabile della malattia è arrivato dall’Austria negli anni ’60 e da allora ha cominciato a diffondersi in Friuli Venezia Giulia. L’unico modo per arginare la diffusione della malattia è la cattura degli animali che poi vengono addormentati e quindi trattati con un antiparassitario specifico, operazione che richiede competenza e finanziamenti appositi, che al momento non ci sono. L’Ente Parco fa comunque il possibile per censire la popolazione di questi animali per capire il variare del loro numero”.
Non è pericolosa per l’uomo
L’acaro che origina la rogna sarcoptica vive anche lontano dall’animale, quindi a terra, per circa 15 giorni in condizioni di alta umidità, ad esempio in novembre, e per circa due giorni in estate. Per l’uomo non è pericoloso: può causare irritazione alla pelle curabile con una pomata specifica.
Informazioni e documentazione disponibili sul sito web del Parco e nei Centri visita
Info
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